Pubblichiamo un interessante articolo sulla crisi del capoluogo umbro. Crisi che riguarda e interessa tutta la Regione.
Rassegna stampa dal Corriere dell’Umbria. Perugia vive una crisi profonda, ma – la sua classe dirigente non sembra in grado di comprenderne i veri contorni e di progettarne l’uscita. Mentre il dibattito politico langue escono dati che testimoniano le difficoltà in cui si dibatte il capoluogo. Ci si lamenta per il calo dei turisti causa terremoto e della flessione di Umbria jazz, ma ci sono questioni ben più drammatiche che stanno alla base del declino della città. Un primo allarme rosso viene dalla Perugina: 340 esuberi su un totale di 850 dipendenti, più 150 stagionali. La Nestle propone, dunque, la riduzione di un terzo degli occupati. Quella che fu la più grande impresa della città, in grado di caratterizzarne l’immagine a livello nazionale e internazionale, scivola sempre più verso il basso. Una caduta iniziata pochi decenni fa e che sembra irrefrenabile. Tutto ciò era ed è ineluttabile?
La classe dirigente locale non ha nemmeno il coraggio di porsi questa domanda con la necessaria franchezza. Quanto alle risposte, nemmeno l’ombra. Gli amministratori comunali, che dovrebbero essere i primi a preoccuparsi, sono in uno stato letargico. E altrettanto sonnolenta è la reazione del mondo politico, amministrativo, intellettuale al secondo allarme rosso scattato in questi giorni.
Si tratta dei dati riguardanti l’Università di Perugia che, dal 2007/2008 al 2015/2016, è passata da oltre 29mila iscritti a 22mila. In meno di dieci anni una perdita secca di 7500 unità che tradotta in percentuale fa un meno 25 per cento. I dati sono certificati dal Miur. Carta canta. Per la verità nell’ultimo anno (2016-2017) ci sarebbe stata un’inversione di tendenze: una risalita sino a raggiungere quota 23.500. Speriamo che il ministero metta presto nel suo sito questa buona notizia che farebbe intravedere una luce in fondo al tunnel. L’altra università perugina – la Stranieri – ha totalizzato un meno 52 per cento degli iscritti. I numeri parlano da soli. Perugia un tempo aspirava a diventare la Oxford italiana: un’illusione questa tramontata da tempo, ma l’ateneo resta ancora uno dei punti di forza della città e della sua immagine, così come lo è la Perugina. La loro crisi è il cuore della crisi del capoluogo umbro.
E’ possibile che su questi due punti fondamentali non si sviluppi un grande “discorso pubblico” che faccia un bilancio del passato e provi a progettare il futuro? Non si tratta di trovare colpevoli da additare alla pubblica opinione e da “massacrare” sui social. La situazione è grave, cerchiamo di essere seri. Dio ci liberi dai giustizieri che in quattro e quattr’otto emettono sentenze e allestiscono ghigliottine. Non è cosi che si affrontano i problemi. E men che meno strillando i “vaffà” o altre volgarità. La Raggi insegna: non sarà il grillismo a salvarci. Occorre una seria capacità critica che non faccia sconti a nessuno ma che non cerchi capri espiatori. Si stanno avvicinando le elezioni comunali e anche quella del Rettore dell’Università italiana, speriamo che non si apra una lunga e rissosa campagna elettorale. O, peggio ancora, una vera i propria resa dei conti. Speriamo che questi due importanti appuntamenti favoriscano lo sviluppo di una discussione approfondita. Perugia ha bisogno di un confronto pacato e intelligente perché questa volta ri schia grosso. Ci vorrebbe, insomma, un ritorno in grande stile della politica, ma d quella intrisa di passione, di idee, di rispetto dell’altro. E invece c’è un vuoto di analisi e di proposte. Un silenzio assordante, squarciato ogni tanto da urla scomposte.
Gabriella Mecucci