E’ stata una riunione per tenere viva ovunque una vertenza ed una lotta molto difficile. Quella dei lavoratori e delle lavoratrici della Perugina di San Sisto che stanno fronteggiando una richiesta di licenziamento da parte della direzione aziendale di 360 unità, a fronte di 840 occupati. Richiesta di esuberi e mancanza di strategia e di sufficiente attenzione nei confronti di una specializzazione e di una storia che fanno parte integrante non solo di una città, quella di Perugia, ma di un’intera area e di una egione.
Erano presenti insieme a diversi lavoratori della fabbrica di San Sisto, le rappresentanze sindacali di Cisl, Cgil, Uil, e i sindaci di Città della Pieve, Panicale Paciano. Scricciolo, Cherubini e Bardelli. Simona Meloni ha parlato sia come rappresentante del Comune di Piegaro sia come dipendente della Perugina
C’erano anche diversi ex lavoratori della Perugina, anche perché per molti anni a Pineta di Castiglione del Lago era presente uno stabilimento della Perugina, che poi tramite una cooperativa di ex lavoratori curava il confezionamento di alcuni prodotti Perugina.
Una analisi lucida quella che è venuta fuori. La Nestle, la società proprietaria dalla fine degli anni ottanta, è una multinazionale in mano ad un azionariato ed ad un menagment difficilmente controllabile, che mira a massimizzare i profitti e spesso non accorgendosi anche delle potenzialità dei singoli prodotti. Ormai la Perugina rischia di ridursi a produrre soltanto baci, ma senza una strategia di valorizzazione di questo particolarissimo e singolare prodotto.
Si attende l’incontro con il Ministero, insieme alla regione. E si cerca di confermare la linea uscita dall’accordo dello scorso anno ma che a quanto pare è già stato rimesso in discussione.
Perugia capitale del cioccolato. Investimenti nella produzione e nella comunicazione, cura dell’indotto, mantenimento delle professionalità, territorialità di una fabbrica e di un prodotto.
Su queste basi si intende costruire alternativa alla linea dell’azienda. Ma sarà una strada difficile, anche per questo è stato chiesto a tutte le istituzioni italiane, da quelle centrali a quelle locali, di alzare il tiro, come fanno gli altri, come è stato ricordato hanno fatto per esempio in Francia, ottenendo la difesa delle proprie fabbriche.