L’udienza del Consiglio di Stato sulla richiesta di sospensiva avanzata dalla Regione Umbria rispetto al Tar ha stabilito per il 26 luglio la discussione di merito sul tema della soppressione del Pronto Soccorso a Città della Pieve e già è cominciato il tentativo di spostare l’analisi e la valutazione su scala ridotta e minimale.
Lo si può evincere dalle prime dichiarazioni riportate in un articolo della Nazione dell’Assessore Barberini il quale così dice “«questa decisione (del Consiglio di Stato n.d.r) conferma che la Regione e l’azienda hanno attuato la legge a garanzia del diritto alla salute dei cittadini. Nella riconversione del presidio sanitario pievese sono garantite l’emergenza urgenza con due ambulanze e medici presenti h24 e sette giorni su sette in doppia turnazione” Peccato che l’assessore dimentica di dire che si tratta appunto di un cosiddetto “primo soccorso”, quali sono i servizi presenti dentro le ambulanze e quali le specializzazioni dei medici presenti. Ma soprattutto dimentica di dire che l’ ospedale di riferimento che può essere definito tale in base alle legislazione nazionale è quello di Perugia che dista 45 kilometri tortuosi da Città della Pieve e ancora di più dai comuni dell’Alto Orvietano. Dimentica di dire che l’ospedale di territorio cui si fa riferimento, per prudenza, non sempre esplicitamente, è quello di Castiglione del Lago, che non può essere definito tale oggi e ancora meno lo sarà in futuro, tanto che alcuni dei problemi nati sul cosiddetto “punto di primo soccorso” pievese sembrerebbero nascere proprio dal timore di non raggiungere i numeri minimi di attività previsti per quelle strutture di base.
Cominciamo allora a rimettere il problema con i piedi per terra. E cominciamo proprio dai protagonisti. Prima domanda. E’ possibile che una Regione e degli amministratori che hanno disatteso tutti i parametri della programmazione ospedaliera nazionale le applichino rigorosamente ( anche se in modo parziale come abbiamo visto, solo per una zona, quella del Trasimeno? E’ possibile che dei tanti investimenti fatti nel tempo sugli ospedali, si sia voluto risparmiare solo su quello del Trasimeno?Seconda domanda. E’ possibile che in un settore come quello della sanità che è stato tenuto in mano saldamente dalla Presidente Marini e del suo direttore regionale per la sanità Walter Orlandi, per la nomina del quale è stata fatta una crisi di Giunta durata diversi mesi, proprio a causa delle dimissioni del neo assessore Barberini, presidente e direttore che si sono occupati e si occupano della ciccia del settore a cominciare dal Silvestrini e dai rapporti con L’università, lascino questa patata bollente che interessa una zona ancora importante per il Pd in mano ad altri? Perché? Per sputtanarlo? Per bruciarlo? E se ne condividono le scelte perché non lo dicono apertamente? E Bocci che è vicino a Berberini e che in diverse occasioni si è segnalato per una intelligente attenzione verso i problemi di quest’area che ne pensa? Altra domanda. Ma è vero che nei confronti di questo problema, dopo la sentenza del Tar, non si è voluto aprire nessun confronto, consapevoli che avrebbe inciso anche sul voto del 4 marzo, perché gli attuali amministratori e dirigenti politici di governo danno già per persa la Regione alle elezioni regionali prossime?
Altra domanda, che riguarda il livello nazionale, in un momento di particolare crisi per la difficoltà di formare un governo. Abbiamo visto che a presiedere la Terza Sezione, quella che esamina il nostro ricorso c’è un ex ministro che a suo tempo fu uno dei delfini di Berlusconi, Franco Frattini. Possiamo stare tranquilli? Speriamo. Speriamo che le trattative e i tentativi di formare o ostacolare nuovi governi restino nell’ambito del Parlamento.
Perché il tema del Pronto Soccorso a Città della Pieve non riguarda solo i diritti primari di salute dei circa trentamila abitanti che costituiscono il bacino di interesse interregionale ed interprovinciale di riferimento, del Pievese, dell’Alto Orvietano e della Valdichiana umbra. Non riguarda solo il rispetto di quanto previsto nel decreto 70/2015 in cui sono contenute le linee guida del governo nazionale per i parametri sugli ospedali nelle zone normali ed in quelle svantaggiate come la nostra. E i parametri nazionali andrebbero rispettati anche in un “federalismo alla carlona” come sappiamo fare solo in Italia. Ma riguarda due politiche sanitarie diverse ed alternative. Due modelli di politica e di organizzazione sanitaria della regione umbra, che sono emerse da tempo come alternative. Da una parte, quella dell’attuale giunta, dove c’è una proliferazione di ospedali, in bacini e zone che dovrebbero averne di meno. Dall’altra una mancanza di servizi sanitari ed ospedalieri in zone che dovrebbero averne di più come la nostra. Da una parte una proliferazione di ospedali a cominciare dal livello massimo, vedi Silvestrini, Terni, Università, Foligno, e poi tutti gli altri, meno che nel Trasimeno ovviamente. Ogni campanile il suo ospedale vedi Branca, Spoleto, Città di Castello, Umbertide, Assisi, Pantalla, Norcia, Orvieto fino al costruendo Narni e Amelia, E per farli esistere ci si inventano servizi specialistici sparpagliati che costringono i cittadini umbri a fare i piccioni viaggiatori da un ospedale all’altro, sommando ogni volta chilometri e chilometri di disagio. Dall’altra una politica delle prevenzione e della riabilitazione che ha avuto sempre minori risorse, servizi territoriali di supporto e interventi sociali con sempre minori spazi ed attenzioni. Con un grave danno soprattutto della popolazione anziana.
Da una parte una politica sanitaria che prevede due aziende ospedaliere e due aziende territoriali. Dall’altra una politica sanitaria che potrebbe prevederne una soltanto, con grandi vantaggi dal punto di vista economico e dell’efficienza.
Sono due idee della Regione Umbria che si confrontano. Due idee del cambiamento necessario e del modello di società locale che si potrebbe costruire. Due idee diverse di quali sono le risorse dell’Umbria e di questa “Terra di Mezzo”. Da una parte il cemento, le grandi opere di dubbia utilità, l’isolamento provinciale. Dall’altra la grande cultura, arte, l’ambiente, l’identità storica propria di questa area, la ricerca di interlocuzione nelle dimensioni metropolitane di Roma e Firenze. Due politiche diverse come è avvenuto e sta avvenendo anche sulle comunicazioni e i trasporti. Da una parte investimenti faraonici per collegare l’Umbria alle Marche, in più direttrici Dall’altra nessun intervento significativo per collegarla con la Toscana, a cominciare dall’arteria più vicina e diretta, la Pievaiola. Da una parte prelievi consistenti dalla tasche dei contribuenti per collegarla in modo unidirezionale ed insufficiente con l’alta velocità ad Arezzo. Dall’altra nessun appoggio e nessun intervento verso la proposta di collegamento pluridirezionale con l’alta velocita alla stazione di Chiusi-Città della Pieve, con un bacino di utenza che può comprendere tanta Umbria e tanta Toscana.
Da una parte un futuro che viene ricercato prevalentemente con le Marche, per continuare ad avere qualche poltrona in più assicurata, non solo in politica, basta vedere come l’Università si è subito attivata a contrastare ogni cambiamento istituzionale. Dall’altra, una visione che vede l’Umbria centrale ma in una “macroregione” che unisca anche Toscana e Marche. Unica prospettiva per aumentare distretti e specializzazioni competitive su scala europea con nel frattempo leggi speciali per consentire una collaborazione, fuori dalle burocrazie, fra i territori confinanti sui problemi di loro interesse.
Il Pd, il partito che ancora oggi, anche dopo la scioccante sconfitta subita il 4 marzo, raccoglie la maggioranza relativa di voti, in questa zona, su questi temi balbetta, convinto di strappare qualche euro nel piccolo cabotaggio amministrativo, nelle buone relazioni con questo o quell’assessore, con questo o quel dirigente. Il Pd non sembra avere capito di quanto radicale sia il cambiamento necessario. La segreteria Batino che aveva avuto consensi anche perché ritenuta più competitiva, verso Perugia, di altre proposte, è del tutto silente. Silenti gruppi consiliari e reggenti politici. Silenti, ci dicono, le prime assemblee fatte. Silenti anche dopo che il segretario regionale candidato in questo collegio è stato sonoramente sconfitto ed il Pd superato nella Regione come primo partito. Silenti alcuni comuni dell’Alto Orvietano che pure hanno voltato le spalle al Pd in occasione della proposta di comune unico, ma che non sembrano interessati ad uscire dal proprio orticello, come ha ricordato anche uno dei protagonisti principali di questa battaglia politica che sta nascendo dal basso, il sindaco di monetazione, Fabio Roncella. Altre forze politiche si sono mosse, sul tema Pronto Soccorso pievese. Il M5Stelle, la Lega, Liberi e Uguali. Crediamo che se partiti o associazioni di cittadini lo facessero sull’insieme dei temi che abbiamo elencato, che sono insieme al lavoro ed all’economia il futuro di questa “Terra di Mezzo” troverebbero come interlocutori diverse persone interessate .
Gianni Fanfano