(riceviamo e pubblichiamo) Il 19 giugno i pievesi festeggiano contemporaneamente i Santi martiri patroni Gervasio e Protasio e la Liberazione di Città della Pieve durante la seconda guerra mondiale.
Queste due fondamentali memorie, legate a spazi temporali molto distanti tra loro, sono profondamente vicine nel significato.
Gervasio e Protasio, due fratelli gemelli di Milano, vissuti presumibilmente nella metà del III sec., furono torturati, umiliati ed uccisi perchè cristiani. Non si piegarono alla paura del martirio e rimasero saldi alla loro fede, fino alla fine.
Fù il Vescovo Ambrogio a rinvenirne i corpi ed il 19 giugno 386 ad eleggerli a Santi nella Basilica Martyrum di Milano. La loro storia, espressione di grande coraggio, suscitò così tanto clamore che in tutta Italia si fondarono Chiese a loro intitolate.
Tra cui, appunto, il nostro prezioso Duomo.
Ed è proprio il Duomo il luogo dove la popolazione pievese si riversò durante il terribile bombardamento aereo del 19 giugno 1944, invocando la protezione dei SS. Gervasio e Protasio. Una lunghissima giornata di Resistenza, in cui il coraggio dei giovani martiri patroni si riversò in tutta la sua forza nei cuori dei pievesi.
La lotta armata si coniugò con la resistenza non armata e, per la prima volta nella storia, uomini e donne di varie ideologie, di varie professioni e mestieri, si unirono nella stessa ansia di libertà e di democrazia. Insieme, fianco a fianco, reagirono contro la violenza del potere e nella notte del 19 giugno i tedeschi abbandonarono il nostro Comune.
Città della Pieve era finalmente libera.
Queste storie, non sono semplici ricordi della nostra memoria collettiva, questi sono gli insegnamenti di cui fare profondamente tesoro. In quel coraggio delle scelte, che accomuna queste azioni che oggi celebriamo, c’è tutta la forza di un esempio.
Dobbiamo riflettere sul loro valore, anche alla luce del presente e del futuro.
Nel corso degli anni, siamo sempre riusciti a vincere le difficoltà, a superarle, con fatica, ma ritrovando ogni volta la solidarietà, la volontà di libertà e di democrazia, l’impegno collettivo.
Oggi, dobbiamo riferirci a quegli esempi ed ai valori che ispiravano i loro cuori. Dobbiamo guardare al futuro con il coraggio e la consapevolezza di avere un grande debito nei confronti di coloro che hanno dato la vita per la nostra libertà. Lo dobbiamo sopratutto ai nostri figli, che si trovano a vivere in una società complessa e non sempre giusta ed hanno il diritto di aspirare ad un presente ed un futuro migliore.
Fausto Risini