Questa sera al festival “ARS Contemporanea” tre cortometraggi d’autore nello splendido scenario della Rocca Medievale: si tratta di “Lettere a mia madre” di Alessio Nuzzo con Leo Gullotta, “Memory Island” con Lorenzo Patanè e “Heartstruck” di Roberto Leoni. Ma prima, alle ore 19, appuntamento in Piazza Mazzini con il Caffè Contemporaneo che ospiterà il cantautore Paolo Vallesi: l’artista fiorentino ripercorrerà la sua trentennale carriera e parlerà del suo libro autobiografico “La forza della (mia) vita”, presentato a maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino, edito da Bertoni. Paolo Vallesi riceverà il “Premio Ars Contemporanea” insieme ai registi Roberto Leoni e Alessio Nuzzo protagonisti di due dei tre corti che verranno proiettati alla Rocca Medievale a partire dalle 21:30. In “Lettere a mia madre” Alessio Nuzzo affronta il difficile tema dell’Alzheimer con la delicatezza e la sensibilità interpretativa di Leo Gullotta. “Memory Island” è ambientato al tempo del nazifascismo ed interpretato da Lorenzo Patanè; infine “Heartstruck”, per la regia di Roberto Leoni, si ispira all’allestimento di Romeo e Giulietta. Introduce la serata Pedro Armocida, critico cinematografico e direttore del Pesaro Film Festival.
Sabato 20 luglio il Caffè Contemporaneo delle 19 vedrà protagonisti i registi Christian Marazziti, Roberto Leoni e Alessio Nuzzo che racconteranno le storie dai set italiani intervistati da Pedro Armocida. Alle 21:30 alla Rocca Medievale “Premio Ars Contemporanea” all’attore comico e imitatore televisivo Dario Bandiera. A seguire lo spettacolo, in prima assoluta, di e con Gianluca Brundo “The Fool – Il Matto”, una produzione “Festival ARS Contemporanea” e Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale, con la partecipazione della ballerina e coreografa Laiza Pucci, con le immagini di Luca Petrucci e le scene e costumi di Maria Ines Saglietti.
Dopo aver indagato la figura del “vice” e del “villain” del teatro elisabettiano, interpretando alcuni dei personaggi più importanti dei grandi “cattivi” (Riccardo III, Shylock, Barabas, Iago, Tamerlano), Gianluca Brundo passa dall’altra parte, vestendo anima e corpo del Matto, il Fool shakespeariano, di matrice medievale. Uno spettacolo comico, a volte aspro, sulla vita di corte, sul rapporto con l’amato Re, con il detestato Boia, con la bramata Regina. Il racconto si dipana fra i momenti di solitudine, in cui “lo storpio”, fatto rinchiudere in un manicomio per aver oltraggiato la corte, vive e descrive nel ricordo i rapporti che lo legano alla corte e quelli in cui è costretto ad esaudire le voglie e richieste del re, della regina, in un susseguirsi di momenti comici in grado anche di coinvolgere il pubblico, così come Brundo ha saputo dimostrare nelle varie “arlecchinate”, da lui portate in scena negli anni passati: momenti di esilarante comicità, fatta di sapiente e studiata istrioneria, con uno sguardo a rimandi al vivere ed ai fatti del nostro quotidiano. Lo spettacolo nasce dalla voglia di sapere cosa si nasconda dietro le ‘buffonerie’ di un clown, le spavalderie di un ‘guitto’, le invenzioni della maschera del servo. Se da un lato il Fool rivive la condizione privilegiata della corte, con tutti i suoi benefici, anche quella di una certa libertà nel poter dire, dall’altro egli è solo, per condizione fisica e morale, in quanto oggetto di scherno della corte stessa oltre che prigioniero dei voleri più bizzarri, talvolta addirittura morbosamente sessuali. Quella libertà si fa, quindi, prigione, ed il riso che scaturisce in alcuni momenti, si fa pensiero sulla condizione dell’uomo. Accade così, che il Matto parli alla luna ed in quel soliloquio, il corpo si fa anima, l’anima del buffone appunto, che danza come una ballerina (in carne ed ossa) sotto il chiaro di luna. A far da cornice allo spettacolo, una serie di immagini ed effetti illuminotecnici evocativi, così come accaduto nello spettacolo “Passione Mundi”, ci portano in un mondo che si fa di volta in volta, protagonista assieme all’attore, essendo esso stesso scenografia viva, come fosse una proteiforme anima vivente, quella che rimanda allo stesso sentire del Matto. Gianluca Brundo, con questa messa in scena, prosegue nella sua indagine storica, emotiva e spettacolare dell’animo umano e lo fa ancora una volta in diretto contatto con il pubblico, così come è ormai sua consuetudine essendo tale vivo rapporto divenuto la sua poetica.