Fiorello Primi, già sindaco di Castiglione del Lago è, dalla sua fondazione, presidente dell’Associazione Borghi più Belli d’Italia. Associazione che si occupa della valorizzazione e della promozione dei centri minori italiani, in tutte le varie forme. Ne abbiamo parlato con lui in questa necessariamente lunga, ma interessante intervista.
Fiorello, c’è stato un periodo, anni addietro, che ti ho conosciuto come sindaco di Castiglione del Lago. Poi ti ho perso un po’ di vista e ti ritrovo presidente nazionale dell’associazione “Borghi più Belli d’ Italia”. Un ‘associazione che sotto la tua guida è indubbiamente cresciuta sia come quantità che come qualità di rappresentanza. Ci racconti come è avvenuto questo incontro e questo passaggio dandoci qualche notizia storica e organizzativa e degli scopi di questa associazione?
L’associazione de I Borghi Più Belli d’Italia è stata concepita e poi sviluppata, all’inizio del secolo ,all’interno dell’ANCI, dove io ricoprivo un ruolo nella Consulta dei comuni turistici. È del tutto evidente che le problematiche e le proposizioni all’interno della Consulta riguardavano essenzialmente il turismo delle grandi città d’arte, delle tradizionali mete marine e montane e dei luoghi del turismo internazionale. Da qui mi venne l’ idea di proporre la creazione di un ambito , all’interno della Consulta,che si occupasse specificamente dei piccoli centri che avessero caratteristiche per essere identificati come mete turistiche. Ovvero creare una rete nazionale di eccellenze che avesse la possibilità di presentarsi sui mercati turistici nazionali e internazionali. Il Presidente della Consulta , l’ottimo Antonio Centi, ex sindaco de L’Aquila, accolse con favore la proposta . Ci mettemmo così subito al lavoro per realizzare quel progetto ambizioso. Nel giro di pochi mesi raccogliemmo l’adesione di una cinquantina di comuni e mettemmo a punto lo Statuto e la carta di qualità per la selezione . Quindi , proprio a Castiglione del Lago si svolse, nel marzo del 2002 ,l’assemblea dove vennero assolti tutti gli adempimenti formali per la creazione dell’associazione con i primi 31 soci. Il nome lo ricavammo da una analoga iniziativa che era nata in Francia 20 anni prima e che si chiamava Les Plus Beaux Villages de France. Sostituimmo la parola villages con Borghi . Come Presidente impostai, da subito, l’azione dell’associazione verso finalità che avessero come scopo principale la qualità della vita degli abitanti del borgo e un sistema di accoglienza e ospitalità che mettesse i visitatori e i turisti nelle migliori condizioni possibili per essere accolti dalla comunità come “residenti temporanei”.
Quindi, senza sminuire i contributi di una serie di personaggi e collaboratori, si può dire che “Borghi d’Italia” è una tua creatura? E perché secondo te questa tua consolidata esperienza, in particolare sul turismo, sembra non essere troppo apprezzata qui da noi, in Umbria e nel Lago?
La creazione dell’associazione all’interno del mondo ANCI, al di là dell’idea primigenia, è il frutto di una collaborazione tra alcune persone che si sono trovate sulla stessa lunghezza d’onda e grazie ad un mix di esperienze e conoscenze si sono perfettamente integrate. Tra queste sicuramente c’ero anche io, che ho avuto il compito di coordinare e mettere a frutto il lavoro di tutti e di “motivare” i Sindaci dei primi Borghi che sono stati selezionati. Riguardo all’apprezzamento o meno nei confronti della mia esperienza qui in zona e più generalmente in Umbria, sinceramente credo che riguardi solo la sfera della politica che ho abbandonato tempo fa e sulla quale ho deciso , da poco , di impegnarmi di nuovo anche se in maniera “soft”…. Per ora, visto che ho appena compiuto i miei primi 70 anni.
Quali sono i criteri ed i requisiti per accedere all’associazione?
La carta di qualità e la scheda di valutazione sono impostate proprio per valutare , oltre alle caratteristiche estetiche , tutta una serie di parametri che riguardano la vita dei cittadini e la capacità di accoglienza dei turisti, oltre alla tutela dell’ambiente e del paesaggio. Vengono verificati ben 72 parametri. In questi Circa 19 anni di attività abbiamo ricevuto quasi 900 domande da comuni sotto i 15.000 abitanti , ne abbiamo visitati e valutati più di 800 e ne sono stati ammessi 280 oltre a qualche decina di siti UNESCO. Da allora l’associazione ha fatto passi da gigante e acquisito una reputazione di livello nazionale e internazionale che la pone tra le attività più importanti per la promozione dell’immagine dell’Italia nel mondo. Recentemente abbiamo ottenuto la certificazione ISO9001 per il nostro sistema di valutazione e qualche anno fa l ‘ENIT ci ha individuato come uno degli asset turistici più rilevanti per la promozione internazionale. Oltre a ciò è stato creato un sistema di attività private che operano , in convenzione di esclusività, sul fronte della comunicazione , dell’editoria , della promo-commercializzazione turistica e delle produzioni tipiche. Ovvero l’associazione de I Borghi Più Belli d’Italia può essere definita una sorta di holding che fa della Bellezza , intesa in tutte le sue accezioni, l’elemento fondamentale per un nuovo modello di sviluppo del turismo di prossimità, delle aree interne e dei piccoli centri che va ad integrazione dell’offerta che l ‘Italia presenta al mondo.
In questo momento caratterizzato dalla lotta e dalla riflessione sulla pandemia, i centri minori sono tornati oggetto di attenzione, almeno a parole, da parte della politica, ma anche di architetti ed urbanisti. Attenzione per un recupero del loro ruolo. Nel nostro giornale abbiamo riferito delle prese di posizione di Boeri e di Fuksas. Pensi che siamo davvero di fronte ad una svolta?
La pandemia ha prodotto uno scossone nel nostro modo di pensare e di procedere, nel modo di vivere. La scoperta che stare troppo ammassati e fare tutti la stessa cosa nello stesso momento sia diventato “pericoloso” ha portato tanta gente a modificare il concetto di vacanza e di passatempo. Inoltre l’avvento del nuovo modo di lavorare da casa, lo Smart working, ha portato tanta gente a riscoprire il proprio luogo di vita e tanta altra a trasferirsi nei piccoli centri dove il senso di sicurezza e di distanziamento sociale era più garantito. Gli architetti Boeri e Fuksas hanno colto nel segno dicendo che c’è stata e c’è una inversione di tendenza rispetto all’inurbamento spinto che ha caratterizzatogli anni da 1960 al 1980. Dalla campagna alla città in cerca di lavoro, di benessere e di servizi. Oggi siamo di fronte ad una sorta di “ritorno a casa” che mette in discussione l’intero assetto economico e sociale del Paese. Più che pensare alla “città che adotta i Borghi”, come ha preconizzato l’architetto Boeri , sono più propenso a considerare città e Borghi un insieme che deve trovare un nuovo equilibrio basato sulla rigenerazione urbana di questi ultimi. Su questo fronte ho scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio per chiedere che una parte degli auspicabili finanziamenti provenienti dall’Unione Europea vengano destinati al superamento dei limiti strutturali in cui si trovano la maggior parte dei Borghi italiani. Superare i limiti di accessibilità fisica e digitale migliorando il sistema viario minore e il trasporto pubblico locale e , non certo di minore importanza, raggiungere tutti i luoghi con la fibra e la connessione digitale veloce. Un grande piano pluriennale di investimenti per mettere in sicurezza il territorio nazionale dagli effetti del dissesto idrogeologico e dai terremoti. La messa in sicurezza ,il recupero e la valorizzazione del patrimonio storico artistico e architettonico cosiddetto minore che poi tanto minore non è. La implementazione dei servizi minimi alla persona per garantire a tutti , in pari misura , il diritto alla tutela della salute e alla istruzione. Insomma mettere testa e cuore per recuperare decenni di “disattenzione e di interventi spot.
I centri minori e le piccole città d’arte sono anche i protagonisti di una fetta importante di turismo. Il turismo, con il suo indotto, per alcune zone come la nostra è già parte fondamentale dell’economia, sicuramente una delle carte da giocare per una ripartenza virtuosa. Avete elaborato proposte e progetti in questo senso?
Il turismo in Italia rappresenta circa il 13% del P.I.L. nazionale e da lavoro a milioni di persone . Nei piccoli centri è l’unica risorsa possibile e potenzialmente inesauribile che va opportunamente valorizzata e utilizzata al meglio. La rete de I Borghi Più Belli d’Italia è ormai una realtà affermata nel panorama turistico nazionale e rappresenta una positiva novità da promuovere in tutto il mondo. Nei 313 Borghi che fanno parte dell’associazione dove vivono , complessivamente , un pò più di 1 milione di abitanti, nel 2018 l’ ISTAT ha rilevato più di 14 milioni di pernottamenti con una permanenza media di 3,6 giorni. Questo è il risultato della crescita della reputazione dell’associazione che induce molti turisti a scegliere i nostri Borghi per una escursione e/o una vacanza. Da parte nostra c’è un’intensa attività di promozione attraverso diversi mezzi di comunicazione ma anche di commercializzazione da parte del Tour Operator esclusivista del nostro marchio. Il sistema editoriale che ci supporta produce una guida annuale, quest’anno corredata della realtà aumentata, che viene venduta nelle edicole , nelle librerie e online e una rivista mensile che si chiama “Borghi Magazine”. Il portale ha raggiunto circa un milione e settecentomila visitatori unici all’anno e i social-media (Facebook, Istagram e Twitter) circa un milione di persone che ci seguono. La comunicazione è quindi una delle principali attività per la quale si impegnano risorse importanti e che viene curata da uno staff di professionisti. Poi c’è la televisione e i numerosi programmi che si occupano di ambiente, cultura, turismo ed enogastronomia che , molto spesso ,ospitano i nostri Borghi. Rai 3 ogni anno, da 7 anni , trasmette una programma (una gara tra Borghi) dedicato ai Borghi Più Belli d’Italia per 20 settimane all’interno del palinsesto del Kilimangiaro. In conclusione l’impegno profuso dall’associazione per aumentare la presenza sul mercato turistico nazionale e internazionale dei singoli borghi ha permesso alle comunità di guardare con maggiore ottimismo al futuro e, soprattutto, ai giovani di avere nuove , anche se non risolutive per tutti , occasioni di lavoro.
Il Ministero dei Beni Culturali ha approvato qualche anno fa il “Distretto turistico dell’Etruria Meridionale”, cui aderiscono comuni sia toscani che umbri. Al di là di ciò che è stato o non è stato fatto, non pensi che questa dimensione e la specializzazione propria di un distretto, sia una carta da giocare.
La specializzazione nel settore del turismo può avere una doppia lettura. Da una parte la possibilità di attrarre un certo tipo di visitatori e turisti fortemente attratti da quel tipo di offerta che potrebbe anche saturare le possibilità di accoglienza e ospitalità con il rischio , però, della possibilità del declino in quanto , spesso , non esiste un piano “B” ad un eventuale problema che si dovesse presentare per quel tipo di specializzazione. Altra cosa è un processo di creazione , in una certa area , di un modello di destinazione turistica che è fortemente caratterizzata ed evocativa ma che ha una piattaforma molto vasta di offerta diversificata per tipologia di visitatore/turista ed estesa per tutto l’anno. Secondo me una destinazione che comprenda “l’ Etruria Meridionale” potrebbe avere buone probabilità di affermarsi sul mercato nazionale e , molto di più , su quello internazionale. Per fare ciò però occorre creare le condizioni affinché alle buone intenzioni seguano le azioni e le buone pratiche. Non vorrei troppo dilungarmi ma se non si mettono in campo sistemi organizzati di gestione della destinazione in tutte le sue articolazioni pubbliche e private in grado di valorizzare appieno le risorse materiali e immateriali esistenti sul territorio e su queste creare un prodotto diversificato come detto sopra e un sistema di promo-commercializzazione gestito in maniera professionale, sarà difficile cogliere l’obbiettivo di diventare una “DESTINAZIONE TURISTICA “ a caratura internazionale.
Per concludere rimanendo sul tema, non pensi che comunque l’Umbria debba spostare il suo asse di riferimento o perlomeno riequilibrarlo, guardando anche verso la Toscana e non solo verso le Marche, come è successo finora, dedicando più attenzione anche al tentativo di conquistare una fermata dell’Alta Velocità sul tratta veloce dei collegamenti, vedi Chiusi?
Sono d’accordo sulla necessità di realizzare forme di collaborazione con le regioni limitrofe, per “sfruttare” al meglio le potenzialità di una regione che, unica in Italia , confina da est a ovest e da nord a sud con altre regioni. E’ necessario anche perché sono circa 30 anni che i numeri degli arrivi e delle presenze turistiche sono stabili mentre sono aumentati , mi pare , di circa 5 volte i posti letto. Essere “circondati” da altre regioni può essere un grande vantaggio se adeguatamente valorizzato. L’Umbria ha tantissime risorse da valorizzare e promuovere che, messe in positiva relazione con quelle delle aree confinanti, potrebbero aumentare il proprio valore in maniera esponenziale. Per fare questo però occorrerà, prima di tutto, avere contezza delle proprie potenzialità e un sistema di valorizzazione e promozione ben organizzato e consolidato. Una D.M.O. (Destination Management Organization) regionale che raccolga quanto le D.M.O. di aree omogenee sono in grado di mettere in campo in termini di prodotto turistico internazionalizzato. Così sarebbe più conveniente cominciare a fare un ragionamento con le aree contermini partendo da una posizione paritaria se , non addirittura , di forza. Gli accordi, secondo me, si fanno meglio se ciascuno è in grado di portare un pacchetto azionario già affermato sul mercato.
Grazie presidente allora e buon lavoro per i tuoi secondi 70 anni!!
L’intervista è stata curata da Gianni Fanfano