C’è la data delle elezioni regionali anticipate. Anticipate a causa delle dimissioni della presidente della Giunta regionale Marini e per il coinvolgimento dei vertici politici ed istituzionali del PD, nell’inchiesta della magistratura su nomine e concorsi nella sanità.
Stando ai dati delle ultime elezioni europee e comunali, la partita sembrerebbe avere un risultato scontato. Dopo avere conquistato Perugia, Terni, Foligno, Orvieto e diverse altre città dell’Umbria, la destra a trazione leghista dovrebbe avere i numeri per strappare, per la prima volta, dalla costituzione delle regioni, nel 1970, cinquanta anni fa, la guida della regione alle forze di sinistra nelle loro diverse evoluzioni storiche.
L’alleanza della destra è già prefigurata e resterebbe solo il dubbio dell’accettazione da parte del candidato presidente (per favore lasciamo stare il termine governatore, che facciamo ridere i polli) cioè la Tesei, già sindaco di Montefalco, promossa poi in Parlamento che dovrebbe fare coppia con Squarta di Fratelli d’Italia.
Dall’altra parte ci dovrebbe essere la sinistra, quella sinistra che ha governato per più di settanta anni gran parte dei comuni e da quasi mezzo secolo l’Ente Regione. Quella sinistra di cui il Pd resta ancora, nonostante la crisi ed il tracollo elettorale, il punto di riferimento numerico principale. Numerico. Infatti in Umbria il Pd è un partito in confusione totale. Al ciclone giudiziario, si è aggiunto quello elettorale con più di 70.000 suoi elettori che in cinque anni si sono spostati verso la Lega, ed il ciclone interno, con la frattura, tra la maggioranza congressuale che faceva riferimento a Bocci e la minoranza cui Zingaretti ha affidato poi, tramite Verini, la direzione del partito, dopo la decimazione prima ricordata.
Il Pd ha esordito indicando in una sorta di lista civica interna, cioè fatta da personaggi del partito ma non coinvolti in cariche interne o istituzionali e nel loro candidato, Andrea Fora, presidente di Confcooperative, il candidato presidente. Una operazione condotta dalla troika che attualmente guida il Pd umbro. Marina Sereni, Paolo Baiardini e Valter Verini.
Buttata là così, fuori da ogni contesto e senza confronto alcuno, la proposta, al di là delle persone interessate, è rimasta in mano al Pd, o meglio ad una parte del Pd, che al momento sembra non sapere che pesci pigliare.
Poi ci sarebbero i 5stelle che, in un’Umbria dove non ha mai sfondato e che nelle ultime comunali hanno appoggiato diverse liste civiche. Chissà che la federazione civica non possa essere un approdo almeno temporaneo per una esperienza politica che attraversa un momento difficile di ripensamento del suo progetto e della sua organizzazione. Stesso discorso vale per quella sinistra radicale che finora ha fatto un po’ da sgabello al Pd, ma che è interessata ad un progetto che invece sposti il baricentro della politica regionale, dagli apparati ai territori e alla società civile.
Mi sbilancio. La vera novità di queste prime battute pre elettorali, infatti, sembra essere proprio il movimento civico. Quel movimento, che sta costituendosi sotto forma di federazione civica, con il nome significativo di “Umbria dei Territori”. E’ un progetto politico che parte dall’esperienza di alcune liste civiche che si sono presentate alle ultime elezioni, ottenendo importanti risultati in termini di consenso. Ad Orvieto, ad Umbertide, a Todi, a Foligno, a Terni, ad Assisi, a Città di Castello. Da qui è iniziato il collegamento ad esperienze di base, associazioni, e figure significative in tutto il territorio regionale. L’indicazione del lavoro e della proposta è chiara. La politica regionale va cambiata radicalmente e rimessa con i piedi per terra, partendo dai territori, dai loro problemi e dai loro progetti. L’Umbria può avere un futuro solo se rovescia i due tavoli su cui si sono date le carte in questi anni, quello del dirigismo centralistico e quello della spesa clientelare a pioggia. L’Umbria anche in un quadro nazionale che non potrà che rivedere dimensioni e strategie attuali in una riorganizzazione con dimensioni europee, può rinascere, bonificarsi e avere un ruolo solo se le sue tante città, i suoi diversi paesi diventeranno protagonisti di una programmazione partecipata, che porti ad un netto cambiamento dei gruppi dirigenti ed al superamento di quel grande trasversalismo dei piccoli interessi che finora ha governato in Umbria. Che porti alla affermazione delle specializzazioni territoriali e settoriali. Politiche possibili ed oggi indispensabili. Vedremo se nel corso dell’assemblea costituente che si terrà a Todi il 24 di questo mese, ci saranno risposte e conferme di questo tipo.
Quindi per concludere di carne al fuoco ce n’è tanta. I tempi sono ristretti. Vedremo cosa succede nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Vedremo soprattutto come si muovono i protagonisti di questa nostra “Terra di Mezzo” fra Orvietano, Pievese, Alto Orvietano e Trasimeno, confinante con la Valdichiana. Se si muoveranno. Vi terremo informati sapendo che queste elezioni avranno una grande importanza per noi tutti.
Ai tanti “frecciarossa”che potrebbero passare da qui, usando il termine “frecciarossa”, di fresca battaglia politica di area, come sinonimo polivalente, di opportunità e di rinascita della zona. Ai tanti “frecciarossa” di cui abbiamo bisogno, serve un’altra Umbria. Un’altra Umbria rispetto a quella con cui abbiamo fatto i conti finora, sui problemi più importanti delle nostre comunità: politiche interregionali, sanità e ospedali, comunicazioni, trasporti, difesa e promozione del lavoro e delle aziende, sistema e distretto turistico, ambiente e Lago Trasimeno. Così come ci serve una pubblica amministrazione al servizio del cittadino, semplice ed efficiente. Ci serve un’altra Umbria. Un’Umbria diversa. Ci serve più che un cambio di magliette, un cambio di teste, di metodi e di progetti.
Gianni Fanfano