(Riceviamo e pubblichiamo.)Declino è la parola che indica perfettamente lo stato attuale della nostra regione.
Oggi l’Umbria è sempre meno verde, più povera, ingiusta e negli strati bassi delle graduatorie delle regioni italiane. Perciò, servono azioni concrete e una chiara visione del futuro.
Uno strumento da mettere in campo nell’immediato dovrebbe essere un piano di investimenti per accompagnare la transizione ecologica, che oltre ad affrontare il problema di salvare la Terra, sarebbe utile a rilanciare l’occupazione di qualità (anche per i giovani che sempre più numerosi lasciano la nostra regione), contrastare il dissesto idrogeologico e il consumo di suolo e garantire uno sviluppo diffuso più equilibrato e giusto.
È necessario, infatti, contrastare con forza il modello dissipativo e avviare una politica urbanistica fondata sul risparmio e la tutela del paesaggio; mettere in sicurezza e riqualificare da un punto di vista energetico gli edifici, i centri storici e le periferie.
Si deve contrastare, inoltre, con il massimo delle energie ogni tentativo di mercatizzazione dei beni comuni: dalla terra all’acqua, dall’istruzione alla salute ai diritti umani, dalle tipicità ai luoghi situazioni e beni materiali.
In riferimento all’acqua è necessario garantire per tutti l’accesso al minimo vitale.
Sono ipotizzabili, in una visione ecosocialista, anche micro azioni concrete come il riappropriarsi degli spazi verdi urbani da parte di cittadini volenterosi o associazioni (un esempio potrebbero essere i community garden); la conversione dei nuclei urbani in centri di ricerca scientifica avanzata; modelli di mobilità sostenibili per raggiungere le località non attualmente servite; incentivare le start up green (utili anche nei nuovi scenari del plastic free).
È necessario, per garantire un futuro migliore anche nella nostra regione, costruire un modello di sviluppo sostenibile e durevole dal punto di vista ambientale, sociale ed economico che sia di aiuto alla risoluzione del problema drammatico del cambiamento climatico e della invasione della plastica e delle microplastiche e che procuri nuovi e buoni posti di lavoro soprattutto per le giovani generazioni.
Un primo passo per invertire la rotta, consapevoli che non abbiamo un Pianeta B ma un futuro condiviso, è quello di dichiarare l’emergenza climatica e ambientale. Questo significa per un Comune, una Regione o uno Stato il riconoscimento della gravità degli effetti ambientali e socio-economici determinati dal riscaldamento globale e reagire nell’immediato: riduzione a zero delle emissioni di gas serra nel tempo più breve e una pianificazione dettagliata per le opere di adattamento.
Questi sono solo alcuni aspetti di una riconversione globale, che necessita anche della modifica di stili di vita, indispensabile per rendere le attività umane sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, tutelando, inoltre, i lavoratori e i soggetti deboli della società.
Fosco Taccini, candidato consiglio regionale, Sinistra Civica Verde