Per motivi tecnici abbiamo interrotto, da tempo, la pubblicazione dei commenti al nostro giornale che vengono fatti dai nostri lettori sul sito web. Quando hanno un certo valore chiediamo, se sono rintracciabili, agli autori, se vogliono che il commento compaia di rettamente sul giornale.
Una nostra lettrice ieri ci ha inviato questo commento a proposito del comunicato stampa dei Carabinieri di Città della Pieve riguardante l’avvio di una procedura di incriminazione nei confronti di due cittadine pievesi di origine cingalese per la mancata restituzione di un cellulare. Il commento è questo “Mi permetto di dire che questo articolo sul cellulare non restituito non fa altro che alimentare l’odio razziale”.
Poiché su questo comunicato, comunicato non articolo, su facebook, ma non solo, si è sviluppato un vivace ed importante, anche se a volte scomposto, dibattito, per il tema trattato, ritengo opportuno intervenire per qualche precisazione e per esporre la linea del giornale. per quanto attiene l’informazione e di chi lo edita o vi scrive anche per quanto riguarda il problema trattato.
Partiamo da qui. La linea di questo giornale è quella, sin dalla sua nascita di dare voce alla realtà pievese e dell’area più vasta di cui facciamo parte. Per valorizzarla in tutte le sue risorse e per difenderla in tutte le sue componenti. Con questa linea non abbiamo mai fatto censure nei confronti di nessun comunicato, articolo o lettera che ci è pervenuta. A meno che non contenesse affermazioni equiparabili a reati di diffamazione o offesa grave nei confronti di terzi, esplicitamente citati.
Altra cosa sono il punto di vista di chi edita il giornale o di chi vi scrive con articoli che vengono firmati con nome e cognome e quando sono impegnativi, come in questo caso, accompagnati anche con una foto, tanto per non rischiare l’anonimato.
Nel caso di cui si è parlato, sarà la magistratura a stabilire se si è trattato di un reato ed eventualmente di quale entità. Come ha commentato, in modo esauriente il nostro amico Antonio Dell’Aversana. Da un punto di vista civico, quando si trova qualcosa che non ci appartiene, si restituisce ai legittimi proprietari o si consegna alle autorità o agli uffici preposti, Punto. Se un fatto di questo genere diventa una notizia pubblica, cosa dovrebbe fare un giornale, non pubblicare il comunicato di una importante autorità locale? Autorità da cui dipende la nostra sicurezza, su questioni e per reati ben più importanti. Oppure censurare questo comunicato o manipolarlo, come fanno altri giornali appiccicandoci i “propri” punti di vista? Dovrebbe censurare una autorità di cui Città della Pieve dovrebbe essere orgogliosa di avere la sede, una sede che dirige 10 altre caserme della zona e che fa essere il nostro paese, ancora capitale di qualcosa, mentre tutto il resto è andato da qualche altra parte? E che ci fa sentire un po’ più sicuri che in altre parti?
Ma veniamo al caso specifico ed al messaggio della nostra lettrice. L’articolo, che non è articolo appunto, ma comunicato stampa, sul cellulare non restituito “non fa altro che alimentare l’odio razziale?”
In questo momento, in Italia, per il clima generale e per calcoli politici, tutto può diventare causa ed alimento di odio razziale ma anche viceversa una posizione incondizionata di accoglienza. Tutto può diventare quindi razzismo ed antirazzismo perché a confrontarsi, anzi a scontrarsi, sono, prevalentemente, non due posizioni politiche o meglio ancora due soluzioni pratiche di un problema, ma si scontrano due religioni ed i rispettivi fedeli. I talebani del razzismo da una parte ed i talebani dell’antirazzismo dall’altra. Certo da un punto di vista morale non sono la stessa cosa, ma da un punto di vista pratico si. Perchè allontanano e fanno confusione sul problema e sulle soluzioni. Con il risultato che i problemi nonostante il tanto clamore restano irrisolti. Con i risultato che i pochi che hanno provato ad intervenire razionalmente, si sono beccati e si beccano, ostracismi ed improperi. Ed i problemi invece esistono e sono immensi ed hanno responsabilità precise ed avrebbero bisogno di tanta pazienza, razionalità, pragmaticità.
Il problema delle migrazioni nasce da un sistema e da interessi economici mondiali ingiusti e non governati. Nasce dalle politiche di rapina che le grandi potenze mondiali, politiche ma soprattutto economiche, hanno fatto e stanno facendo in Africa e non solo. Nasce dalla mancanza di un governo internazionale e dalla inesistenza dell’Europa unita ed autonoma. Nasce dalla mancanza di misure specifiche per il Sud Europa confinante con il Nord Africa. Nasce, al di là degli appelli da una parte e dei muri dall’altra , da una mancata regolamentazione dei flussi e da una mancata integrazione locale. Perché una regolamentazione ci deve essere e non può essere risolta soltanto con i centri di identificazione e dando poi un po’ di soldi alle organizzazioni di volontariato, bianche, rosse o turchine e poi chi s’è visto s’è visto. Come succede adesso. E l’Italia non può essere il punto terminale di tutte queste carenze, questo va detto a chiare lettere. Fare il confronto con le presenze negli altri paesi è fuorviante, perché pochi paesi vivono una crisi economica storica e strutturale, una crisi di prospettiva sociale, una crisi di esodo giovanile e una nuova logorante insicurezza, come l’Italia ormai da diversi anni, sotto i più diversi governi, compreso l’attuale.
Se questa notizia, infine, può avere arrecato, indirettamente, un danno ad una comunità che complessivamente, ci dicono, ben integrata nella realtà pievese ci dispiace e ce ne scusiamo, ma queste comunità sanno e devono sapere che l’Europa, l’Italia, Città della Pieve, nella loro piccola o grande dimensione, hanno una storia e dei valori che costituiscono la loro identità e la loro civiltà. Tra questi valori non potrà mai venire meno il valore dell’informazione, della libera espressione, del confronto civile e democratico. Questo vale per chi ha scelto il nostro paese. Questo credo valga ancora di più per chi in Italia c’è nato e cresciuto.
Gianni Fanfano