(Rassegna stampa. Dalla Nazione Umbria di Sara Minciaroni) Se ne paria da tempo in Valnestore e i due Comuni, che per loro stessa conformazione già in qualche modo si compenetrano, sono un passo più in là della semplice ipotesi. I sindaci Giulio Cherubini e Roberto Ferricelli ieri sera ne hanno discusso nell’ambito di un incontro organizzato dalle unioni comunali del Pd con relatori della serata: la professoressa Claudia Tubertini (via web), docente di diritto amministrativo presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna e Antonio Bartolini, assessore regionale con delega ai servizi pubblici locali e riforme endoregionali.
In Italia le fusioni realizzate dal 2012 ad oggi hanno portato, secondo i più recenti dati Istat, il numero complessivo dei Comuni italiani a scendere dagli 8.092 nel gennaio 2017). Con i nuovi obblighi di gestione associata delle funzioni e dei servizi per i Comuni più piccoli e i vincoli di carattere finanziario l’opzione della fusione è divenuta, per molti Comuni, una possibilità per il mantenimento e miglioramento dei servizi. Perché il contributo statale che spetta ai comuni fusi per i primi 10 anni successivi all’istituzione equivale al 50% della somma trasferimenti erariali attribuiti nell’anno 2010 ai Comuni che si sono fusi.
Ma basta, questo solo elemento, per giustificare questa scelta? «Assolutamente no – risponde la professoressa Tubenini -. Occorre valutare la situazione finanziaria di partenza delle amministrazioni coinvolte. Potremmo dire che la fusione ideale è quella che coinvolga comuni che presentino già un certo livello di omogeneità nelle scelte di politica fiscale. Occorre valutare l’organizzazione dei comuni pure in questo caso, la fusione ideale è quella che coinvolga comuni che hanno già tra di loro una esperienza di collaborazione amministrativa. Nel pensare al modello organizzativo è indispensabile coinvolgere il personale, affinchè questo non viva l’operazione della fusione come una scelta ‘calata dall’alto’».
Perchè il processo di fusione resta anzitutto un processo in cui un ruolo essenziale è giocato dalla volontà delle popolazioni interessate. Occorre una votazione cui abbia partecipato la maggioranza degli aventi diritto e che il «sì» abbia raggiunto la maggioranza. Insomma l’ultima parola è al referendum.