Martina ci ha lasciato la notte tra il 25 e il 26 maggio a causa di un incidente stradale. Pievese d’adozione, originaria della magnifica città di Napoli, Martina era una donna speciale. E il suo viaggio ci porta a ragionare sulla caducità della vita e sull’importanza intrinseca di non sprecare neppure un attimo.
Di Cecilia Anesi
Cara Martina,
a cosa serve essere giornalisti, mi sono chiesta, se non si ha il coraggio di scrive un necrologio?
A cosa serve scrivere cose pericolose, occuparsi di mafie, passare il tempo a scavare nella melma, se non si ha il coraggio di scrivere l’ultimo saluto ad un’amica, se non si ha il coraggio di vergarne nero su bianco una memoria?
Eppure è una di quelle cose che un giornalista non vorrebbe mai essere costretto a fare. Soprattutto quando a scrivere è una giornalista trentenne che deve salutare una coetanea.
Mi sono costretta a trovare questo coraggio, perché voglio scrivere la tua memoria. Viviamo chiedendoci, saremo ricordati? Non sei nata a Città della Pieve, ma Città della Pieve ti ricorda.
Ti ricordano e ti ricorderanno gli operai della fabbrica che dirigevi, ti ricordano e ti ricorderanno gli amici che ti eri fatta, ti ricordano e ti ricorderanno i mattoni rossi, le rondini che in questo periodo si gettano in volo rapide, ti ricorderanno le fronde degli alberi. Ma ti ricorderà soprattutto San Casciano, il paese che ci guarda dall’altra parte della Val di Chiana, dove avevi trovato una vera e propria famiglia di amici.
Eri sempre disponibile per loro, ogni volta che ne avevano bisogno, ogni volta che serviva una spalla. Sempre con il sorriso pronto, pronto a scoppiare in una risata contagiosa. Per alcuni eri una vera e propria sorella.
Sai, per chi rimane qui non è facile. I tuoi amici si sentono svuotati, perduti, guardano questo film con lo stupore di chi non capisce, non riesce a dare un senso a questa tragedia.
Eppure, infondo al nostro cuore lo sappiamo, sei solo partita per un viaggio. Noi, qui, sulla Terra, non ci capacitiamo. Un secondo ci sei, e l’altro non piu, un secondo sei di qua, e l’altro di la. Come è possibile che tutto sia così fugace, come è possibile che si possa saltare di là così rapidamente? Eppure, a pensarci, anche il venire al mondo è un mistero. La concezione stessa, è un miracolo. I liquidi di un uomo e di una donna si mischiano e da questo cocktail nasce un piccolo essere, che forse – chissà se la scienza avrà mai modo di dircelo con certezza – viene da molto piu lontano. Perchè l’anima, quella cosa che tutti crediamo di avere, non sembra potersi generale in un utero e non sembra potere scomparire assieme al nostro corpo. Lo abbiamo un po tutti il sospetto che venga da molto, molto piu lontano. E che il viaggio di questo guizzo di luce, dell’anima per l’appunto, sia molto, molto piu lungo di questa sola vita.
Di te, Martina, non dimenticheremo mai la gentilezza e l’altruismo, doti rare al giorno d’oggi. Amavi l’arte, e avevi scelto come cover del tuo profilo di Facebook un graffito di Banksy, quello della bambina che lascia volare via un palloncino rosso a forma di cuore. Oggi mi sento così, quella bambina che deve lasciarti volare via, accettando il distacco, accettando la tua partenza, accettando il tuo viaggio. Accettando di sapere troppo poco per potermi arrabbiare, per gridare contro una qualche divinità all’ingiustizia. Certa che tu abbia solo cambiato forma, per continuare il tuo viaggio nel miracolo dell’esistenza. E allora, questa memoria è, in fondo, un augurio di buon viaggio.